Baclofene: Cos'è, come funziona e cosa sapere

Baclofene: Cos'è, come funziona e cosa sapere
Gianmarco Moretti 24 maggio 2025 0 Commenti

Hai mai sentito parlare di una pillola capace di rilassare il corpo e, in certi casi, persino la mente? Baclofene è un nome stampato su migliaia di blister nelle farmacie italiane, eppure pochi conoscono davvero la sua storia lunga e, a tratti, controversa. Nato negli anni '60 come trattamento per gli spasmi muscolari, oggi è diventato famoso per motivi meno ortodossi. Non manca chi lo chiama "miracoloso", né chi ci va cauto: sotto la superficie, c’è molto più di quanto sembri, tra successi clinici, rischi da bilanciare e leggende urbane dure a morire.

Baclofene: cosa è e a cosa serve

Baclofene nasce in laboratorio, come risposta ai reali problemi di chi vive con la rigidità muscolare dovuta a danni neurologici, tipo la sclerosi multipla o certe forme di paralisi cerebrale. Il suo punto forte? Agisce direttamente sui recettori GABA, una sorta di "freno" naturale per il sistema nervoso centrale. Questo lo rende prezioso per ridurre gli spasmi e la spasticità, restituendo libertà di movimento – magari non come quella di Baldo, il mio cane indemoniato in un prato, ma sempre meglio della paralisi. Medici e neurologi l’hanno persino usato nei postumi di traumi spinali, con risultati concreti nella qualità di vita.

Ma Il baclofene non si è fermato lì: dagli anni Duemila lo si vede comparire anche nelle terapie per la dipendenza da alcol. Sembra strano? Lo pensavo pure io finché non ho letto la storia di Olivier Ameisen, il medico francese che ha raccontato come il baclofene lo abbia aiutato a smettere di bere. Da allora il farmaco è entrato nei protocolli sperimentali, tanto da far discutere oncologi, psichiatri e pazienti in ogni parte del mondo, specialmente in Italia. Non è miracoloso, ma nessun farmaco lo è: di certo offre un’opzione concreta quando l’alternativa è continuare a distruggersi con l’alcol.

Sai cosa lo rende diverso dagli altri rilassanti muscolari? La capacità di agire con precisione, riducendo spasmi involontari senza sedare troppo né bloccare completamente la contrazione volontaria. Questo, per chi suona uno strumento (come il mio vicino con la tromba, giuro) o vuole fare ginnastica, è oro puro. Le dosi vengono aumentate piano piano, e guai improvvisare: c’è chi prospetta rischi anche solo cambiando orari, perché il corpo si abitua lentamente. E questo non è poco: baclofene va gestito davvero con attenzione, sia per chi lo assume cronicamente sia per terapie più brevi.

Dove e come si usa il baclofene: indicazioni, dosaggi e casi particolari

Il baclofene si trova sotto forma di compresse o, nei casi più seri, anche come soluzione iniettiva che viene infusa direttamente nella colonna vertebrale. Questo sistema si chiama "pompa intratecale" e sembra roba da fantascienza, ma permette a dosi minime di arrivare dritto là dove serve, riducendo molti effetti collaterali. È una chicca per chi ha gravi lesioni midollari, e diversi reparti di neurologia italiani la usano ogni giorno. Naturalmente, la stragrande maggioranza delle persone usa le classiche compresse, spesso da 10 mg, da prendere 2-3 volte al dì, con aumenti lenti nel tempo.

Occhio alle differenze tra le persone: alcuni rispondono bene a dosi basse, altri devono salire parecchio. Mi ricordo di quella vecchietta bolognese che, appena superati i 30 mg al giorno, si sentiva troppo "fiacca" per alzarsi dal letto. All’opposto, giovani palestrati con lesioni vertebrali arrivano anche a 70-80 mg senza grossi problemi. Con questo, però, il fai-da-te è un suicidio annunciato: serve supervisionare ogni passaggio, sia nella fase di salita che soprattutto quando si decide di smettere.

Un capitolo speciale riguarda chi soffre di dipendenza da alcol: chi inizia la terapia spesso vede ridursi, poco a poco, il desiderio di bere. Non sempre succede – la medicina resta una scienza, non magia – ma nelle storie documentate da cliniche francesi ed emiliane emerge un trend interessante. Di solito il medico inizia con 5 mg tre volte al giorno, poi si aumenta di settimana in settimana fino a raggiungere il dosaggio “di mantenimento”, che varia moltissimo tra un paziente e l’altro. Spesso è una sfida di perseveranza e ascolto del proprio corpo.

Ma baclofene ha anche usi off-label meno noti: ci sono ricerche che lo stanno provando per la distonia, per certi tremori e, negli ultimi anni, persino per il trattamento del reflusso gastroesofageo quando altre terapie non funzionano. Lo sapevi? Nemmeno io, fino a qualche mese fa! Queste indicazioni sono però meno consolidate, quindi serve molta cautela e solo su prescrizione di specialisti.

Baclofene: rischi, effetti collaterali e miti da sfatare

Baclofene: rischi, effetti collaterali e miti da sfatare

Nessun farmaco è privo di rischi, e il baclofene non fa eccezione. I suoi effetti indesiderati più comuni sono la sonnolenza, debolezza muscolare e stanchezza. Alcune persone riferiscono vertigini, secchezza delle fauci e problemi gastrointestinali, tipo nausea o stitichezza. Poi ci sono quelli meno comuni ma più seri: confusione mentale, abbassamento del tono dell’umore e, raramente, convulsioni con dosaggi troppo alti o interruzioni brusche. Per questo i medici insistono moltissimo sulla gradualità.

Un aspetto sottovalutato: mai interrompere il baclofene “di colpo”. Il rischio è quello di una sindrome di astinenza, con sintomi che vanno dall’agitazione fino a crisi epilettiche, tachicardia, e perfino allucinazioni. Ho sentito storie di gente che, per distrazione o poca informazione, ha smesso improvvisamente e si è ritrovata in pronto soccorso. È una delle poche, vere regole d’oro di questa terapia, e ogni specialista la ripete mille volte.

Altro mito: il baclofene sarebbe una “droga” mascherata. Falso. Non dà euforia (al massimo un torpore da siesta post-pranzo), né crea la classica dipendenza come possono fare ansiolitici o altre sostanze. Però, come qualsiasi farmaco che modifica la chimica cerebrale, va seguito con testa. C’è chi pensa possa causare scompensi affettivi o sbalzi d’umore: certo, specie alle dosi alte, ma con monitoraggio e gradualità i problemi si riducono.

Ricordati che baclofene può interagire con altri farmaci. Ad esempio, chi prende antidolorifici pesanti, benzodiazepine o certi antidepressivi, deve avvertire subito il medico. Le interazioni possono duplicare effetti sedativi e dare fastidio anche improvviso. Senza dimenticare il delicatissimo tema della guida: i primi giorni di terapia, o dopo l’aumento della dose, meglio lasciare le chiavi della macchina sul tavolo. Gli incidenti per colpa di sonnolenza sono meno rari di quanto si pensi – e a Bologna come altrove la prudenza non è mai troppa.

Non trascuriamo chi è in dolce attesa o allatta: qui baclofene va usato solo se indispensabile e con strettissimo controllo, perché passa nel latte materno e mancano certezze sugli effetti a lungo termine nei neonati.

Riguardo il rischio di sovradosaggio, la pratica racconta quanto sia facile esagerare: basta una distrazione o confusione col blister per ritrovarsi a tirare giù il doppio della dose. I sintomi? Confusione mentale, debolezza, nausea fortissima, respiro rallentato. Serve chiamare subito un medico, senza mezzi termini.

Consigli pratici, storie e dritte per chi affronta la terapia

Assumere baclofene sembra facile: ingoi una pillola, fine. In realtà, chi inizia la terapia scopre che la cosa più difficile è trovarsi in sintonia con il proprio corpo e “ascoltare” i sintomi. In Italia esistono gruppi di sostegno online dove pazienti si scambiano trucchi pratici: c’è chi consiglia di prendere la dose serale dopo cena per ridurre la sonnolenza mattutina, chi consiglia una bella passeggiata terapeutica (magari col cane, tipo Baldo) per diminuire lo stordimento iniziale.

Un’accortezza molto utile è segnarsi su un quaderno – o su un’app del cellulare – l’andamento dei sintomi, eventuali effetti collaterali o improvvisi cambi di umore. Questo diario aiuta il medico a bilanciare meglio le dosi e il paziente a rendersi conto dei progressi. I neurologi bolognesi, tra i più attenti in Italia su questi temi, suggeriscono di non cambiare mai l’orario delle assunzioni e di pianificare la decurtazione delle dosi insieme al medico, magari sfruttando i periodi in cui si è meno stressati.

Chi lavora in turni, tipo molti infermieri o camionisti, deve studiare con lo specialista degli schemi personalizzati. A volte basta spostare di mezz’ora la dose, altre volte serve ripensare del tutto la distribuzione. Le situazioni sono le più diverse, ma la regola resta: mai improvvisare "a occhio", e soprattutto non farti influenzare dai social dove girano dosaggi "miracolosi" senza fondamento scientifico.

Un’altra dritta ignorata da molti: controlla sempre la provenienza delle compresse. In alcune farmacie possono capitare sostituti generici. In caso di dubbi basta chiamare il farmacista: meglio fare una domanda in più che ritrovarsi con sintomi strani. Anche chi cambia farmacia spesso potrebbe notare leggere differenze da una marca all’altra, specie nella rapidità d’azione.

Infine, una curiosità bolognese: diverse università locali stanno collaborando con centri francesi e spagnoli per studiare il baclofene in ambiti nuovi, tipo la gestione degli attacchi di panico e il trattamento della fibromialgia. Niente di approvato ancora, ma questo racconta quanti mondi ancora restino da scoprire dietro questa “vecchia” molecola.

Alla fine, il segreto con il baclofene è uno: restare sempre in dialogo col medico, non sentirsi mai soli, e capire che ogni storia è davvero unica. La medicina diventa efficace solo se incontra attenzione e onestà da entrambe le parti. E se, tra una dose e l’altra, riesci pure a portare il cane a fare due passi, magari ne guadagnano anche le gambe.

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